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Lo sviluppo tecnologico, in senso lato, non è un fenomeno recente, poiché le sue origini risalgono già ai tempi antichi: un uomo vissuto milioni di anni fa lottava assieme ai suoi simili per sopravvivere, arrangiandosi con i pochi mezzi a sua disposizione contro numerose avversità. Tra invenzioni tecnologiche e scoperte scientifiche, una su tutte il fuoco, nel corso dei secoli l’uomo è riuscito ad evolvere da questa condizione di estremo svantaggio, garantendosi un futuro migliore. L’intera storia del progresso può essere pensata come la rincorsa ad ottimizzare modi e tempi di lavoro, liberando risorse dedicate all’arte. 

Se lo sviluppo tecnologico è inarrestabile e così collegato con la storia dell’umanità, siamo sicuri che non abbia effetti sulle nostre capacità cognitive? L’essere umano di milioni di anni fa non aveva strumenti a propria disposizione, se non rari utensili, e doveva ingegnarsi per sopravvivere; un costante e cospicuo allenamento delle sue capacità cognitive ha però permesso l’inizio del processo di civilizzazione. 

Nel corso della Storia numerose scoperte e le invenzioni che ne sono derivate hanno contribuito a migliorare le condizioni di vita tra gli uomini: i vaccini, ad esempio, hanno curato numerose persone e hanno contrastato la diffusione di malattie un tempo considerate pericolose, se non letali, allungando la vita media. L’invenzione di telefono e radio ha permesso di comunicare in modo più celere, accelerando la circolazione delle informazioni. L’introduzione di diversi mezzi di trasporto ha permesso di viaggiare più in fretta e agevolmente, rendendo trascurabili distanze che un tempo sembravano enormi. 

Anche l’invenzione dei primi dispositivi elettronici ha contribuito a questo processo di accelerazione dei tempi di lavoro e di ricerca delle informazioni: i computer di trent’anni fa, se utilizzati per catalogare i libri nelle biblioteche, permettevano di cercare alcuni titoli più facilmente. Con il passare degli anni queste tecnologie sono diventate sempre più sofisticate e oggi, con l’intelligenza artificiale, siamo in grado di ottenere, quasi in tempo reale, informazioni già rielaborate. Qualunque risposta noi cerchiamo, abbiamo a disposizione gli strumenti in grado di trovarla.

Come insegna la storia della lampada di Aladino ne “Le mille e una notte”, poter chiedere qualunque cosa ha qualche pregio, ma anche numerosi difetti e alcuni pericoli; proprio negli ultimi mesi sono stati sollevati dubbi circa l’introduzione dell’IA nell’industria e sugli effetti che essa può avere nella vita quotidiana, in termini di perdite di posti di lavoro.

Occorre in ogni caso fare alcune importanti distinzioni: un sistema di intelligenza artificiale, così come qualsiasi altro dispositivo tecnologico, è frutto dell’invenzione umana: più che una scoperta scientifica, in grado di aumentare le nostre conoscenze, si tratta di un utensile che agevola la nostra esistenza. 

Più che una perdita delle capacità cognitive dell’uomo, l’IA potrebbe condurre ad un aumento dell’umana pigrizia, nella stessa misura in cui l’uso dell’automobile disincentiva gli spostamenti a piedi o l’uso del telefono la scrittura delle lettere.

L’IA, inoltre, è ben lontana da essere una macchina perfetta, in grado di sostituirci: come qualunque dispositivo digitale presenta margini di errore, dovuti alle imprecisioni degli esseri umani che l’hanno progettato. Sembra dunque abbastanza immotivata la paura di essere sostituiti dall’intelligenza artificiale in un eventuale futuro, così come sembra assurdo immaginare un pianeta abitato solamente da robot. D’altronde, una lampada di Aladino senza una mano che la sfreghi sarebbe inutile.

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