Al giorno d’oggi, il modello di innovazione europeo è in uno stato di crisi, come testimoniato dalla predominanza in questo settore da parte degli Stati Uniti d’America; l’industria automobilistica ne è un esempio e può fungere da chiave di lettura.
In primo luogo, la criticità principale riguarda la transizione verso l’elettrico. Infatti, i costi sono molto elevati e, quindi, il ricavo per le varie aziende è minore, poiché sono necessari investimenti per la ricerca, lo sviluppo e la riprogettazione delle linee di produzione. Inoltre, in un mercato in cui la richiesta si sposta su determinati prodotti, con un conseguente aumento significativo della domanda, c’è un rispettivo aumento dei costi, che induce le case automobilistiche a trovare soluzioni innovative.
In aggiunta, gli eventi più recenti non hanno giovato al settore. Un esempio è la guerra in Ucraina, che ha portato un ulteriore aumento dei costi. Tuttavia, un ruolo fondamentale l’ha svolto soprattutto la pandemia del covid-19. Infatti, da quel periodo è stata registrata una produzione di veicoli in netto calo e sembra che questa situazione persista, visto che, dopo il crollo, i dati di ACEA continuano a mostrare una decrescita.
Un altro problema è sicuramente la presenza di rigide regolamentazioni, che obbligano a uno sviluppo della tecnologia in questo settore. Basta pensare al fatto che l’unione europea ha previsto di eliminare gradualmente la produzione di veicoli a combustione fino al 2035, anno in cui verrà vietata la vendita di tali vetture (legge “zero emissioni” per il 2035). Saranno, per giunta, introdotte anche multe molto salate per ogni grammo di CO2 emesso in eccesso e regolamenti sullo smaltimento e il riciclo delle batterie e sull’uso dei metalli preziosi.
Inoltre, svantaggiosa è risultata anche la Brexit, la quale aumenta costi sia di fabbricazione che di distribuzione a causa dell’introduzione di barriere commerciali e doganali, portando le aziende a dover investire ulteriori fondi per aggirare le pratiche burocratiche e tariffarie.
Come se non bastasse, è necessario anche un adeguamento delle infrastrutture, poiché non solo cambia il prodotto finale (che da motore a combustione passa ad elettrico, con un relativo cambiamento dell’utilizzo delle materie prime), ma vi è un cambiamento delle infrastrutture, le quali devono essere adattate alla nuova produzione. Tuttavia, oltre a queste modifiche e ai macchinari, bisogna assumere nuovi dipendenti o formare quelli presenti al nuovo impiego; tutto questo ha già portato all’impiego di miliardi di euro, causando un ulteriore divario tra i vari concorrenti.
Un ultimo aspetto economico riguarda appunto la concorrenza. Mentre in Europa le problematiche sono le medesime per ogni azienda, negli altri continenti non è così. In primo luogo vi è la Tesla, ormai produttrice da diversi anni di macchine esclusivamente elettriche, tanto da essere già affermata in questo mercato sia per design che per prestazioni e ricarica. In secondo luogo, la Cina rappresenta un’altra barriera da superare. Le case automobilistiche cinesi hanno un enorme vantaggio in termini di costo della manodopera, quantità produttiva e innovazione. Tuttavia, l’Unione Europea si è già mossa per limitare il monopolio orientale, imponendo tariffe sull’importazione, in modo da rendere equa la concorrenza tra le varie aziende.
Infine, il ruolo più importante lo svolge, ovviamente, il consumatore. Se da un lato ci sono le organizzazioni nazionali e internazionali che combattono per l’innovazione e il rispetto dell’ambiente, dall’altro c’è lo scetticismo e l’esperienza del compratore. Infatti, nonostante da diversi anni le macchine elettriche siano effettivamente disponibili nei nostri mercati, gli acquirenti di queste nuove tipologie di vetture sono ancora molto pochi. Questo è dovuto al fatto che le automobili a combustione hanno un’elevata autonomia (diverse centinaia di chilometri), molteplici pompe di benzina lungo i vari percorsi e sono veloci nel rifornimento. Tutte queste qualità, invece, attualmente mancano o sono poco sviluppate in quelle elettriche e l’ultimo punto è quello che preoccupa maggiormente. Ci possono essere anche vari luoghi di ricarica, ma se questa, in primo luogo, è lenta, il guidatore può fare solo tratte brevi: un dramma per coloro che eseguono lunghi viaggi in auto o che semplicemente lavorano fuori dalla propria città o comune.
A parer mio, questo problema nell’innovazione in Europa e questa generale predominanza da parte di nazioni extraeuropee sono situazioni risolvibili con il tempo, per quanto riguarda lo sviluppo dei nuovi meccanismi, e con le giuste normative, grazie a cui si può limitare il vantaggio iniziale delle altre aziende. Infatti, ci sono già stati vari tentativi dell’Unione Europea sull’accelerazione della transizione verso l’elettrico, come ad esempio il Green Deal Europeo, un progetto che prevede una riduzioni delle emissioni, però, comprende anche l’obiettivo di installare 3 milioni di punti di ricarica entro il 2030.
In conclusione, l’Europa è sicuramente indietro in molti settori se prendiamo in considerazione gli USA e la Cina, tuttavia, il tentativo da parte dell’UE di diminuire questo divario economico c’è e ci sarà in futuro, per cui adesso il nostro obiettivo deve essere continuare lo sviluppo in maniera veloce, ma anche efficiente.