Intelligenza artificiale, AI, deepfake, ChatGPT: queste sono solo alcune delle parole che, se da un lato fanno saltare di gioia il mondo della tecnologia, dall’altro terrorizzano la società. Tutti consigliano di fare attenzione alla disinformazione, di cercare lavori che non possano essere sostituiti dall’intelligenza artificiale, o di limitare l’uso di internet in modo da preservare la propria privacy.
Dal 2020, con l’avvento di GPT-3 da parte dell’azienda americana Open AI, sui media si è iniziato a parlare di questa nuova tecnologia, definita “minacciosa e pericolosa” per gli umani.
Superato lo scetticismo dovuto al suo sviluppo poco promettente e alla sua inaffidabilità, al primo segno di un suo successo si iniziò subito a temere per i posti di lavoro, la propria immagine e il futuro di internet. Si cominciò a parlare di robot in grado di sostituirci, di deepfake che utilizzano le nostre immagini per trasmettere falsi messaggi ufficiali, e di articoli di scarsa qualità prodotti in scala industriale soltanto per fare guadagnare di più ai siti web in questione. Ma hanno senso tutti questi timori?
L’intelligenza artificiale è un’importante invenzione per il settore informatico e tecnologico, e avrà inevitabilmente un impatto rilevante sulla nostra vita. Ma se il raggiungimento di un tale obiettivo porta così tante preoccupazioni, perché non dovremmo temere tutto? Prendiamo come esempio il motore elettrico: oggi saremmo sicuramente riconoscenti ai suoi inventori vista la sua implementazione in essenzialmente ogni meccanismo dove si muova qualcosa: non li odiamo di certo per il fatto che tra questi meccanismi c’è anche il braccio meccanico, oggi implementato a livello industriale nel settore automobilistico.
Allo stesso modo, questa nuova tecnologia può aiutare persone con impedimenti visivi, motori o uditivi; può migliorare la sicurezza dei mezzi di trasporto più comuni; è più affidabile di molti umani in numerosi settori e potrebbe arrivare addirittura a facilitare nuove scoperte nel campo medico – per citare solo alcuni dei suoi impieghi.
Inoltre, è già presente su vasta scala nella nostra vita quotidiana: negli assistenti virtuali dei nostri cellulari, nei sistemi di cybersicurezza, o più semplicemente in tutti i sistemi di assistenza al conducente nelle nostre auto.
Insomma, ogni scoperta porta inevitabilmente con sé degli svantaggi, ma non bisogna guardare esclusivamente quelli – e in questo caso il terrorismo psicologico diffuso dai media sicuramente non aiuta.
La nostra attenzione non andrebbe inoltre focalizzata su una possibile insurrezione della tecnologia o sulla perdita del proprio lavoro: non solo perché tutto ciò è ancora relativamente lontano da noi, ma perché ci sono dei problemi molto più grossi di cui spesso non ci accorgiamo.
È il caso dell’utilizzo ormai incontrollato dell’AI in numerosissimi settori, primo tra tutti quello dell’informazione dove molti siti, per guadagnarsi l’attenzione del pubblico, utilizzano l’intelligenza artificiali per scrivere articoli di scarsa qualità su eventi spesso mai accaduti. Anche gli studenti si affidano fin troppo spesso a questa tecnologia: a causa della concezione della scuola come obbligo e non più come opportunità, per finire più in fretta i compiti assegnati, molti allievi copiano e incollano le consegne per ottenere una risposta veloce da ricopiare, talvolta senza neanche sapere quale sia l’argomento di cui si sta parlando.
Tuttavia il caso più eclatante è quello di Facebook: numerosi account, sempre per una questione di popolarità, condividono foto generate artificialmente ritraenti bambini africani che costruiscono svariati oggetti utilizzando materiali a loro accessibili: una replica in cipolle del titanic? Eccola qui. Vuoi una moto costruita esclusivamente con bottiglie di plastica? Ovviamente ce l’abbiamo. Ah, e ti ho parlato della BMW che ho in garage? 100% ecologica.
Insomma, la qualità di Facebook è in continuo declino, e come se non bastasse è possibile aprire i commenti di uno di questi post per vedere quanta gente ci caschi quotidianamente.
E non mancano gli effetti a lungo termine. Gli assistenti virtuali ci consentono di ottenere risposte abbastanza accurate in tempi fin troppo brevi rispetto alla solita prassi dell’analizzare i risultati ottenuti su internet. Ciò comporta tre problemi: innanzitutto si perde l’abitudine, sempre a patto di avercela avuta, di controllare le fonti da cui provengono le informazioni; in secondo luogo, si inizia a fidarsi ciecamente di ciò che ci viene detto, senza porsi neanche una domanda sull’affidabilità dell’informazione appena ricevuta; infine non si ha più la voglia di passare il tempo a cercare il sito con la risposta più affidabile e consona, bensì ci si aspetta immediatamente una risposta.
Infine, qualche posto di lavoro sarà inevitabilmente rimpiazzato dall’intelligenza artificiale: ma siamo veramente tutti a rischio?
Probabilmente no: sono poche, per esempio, le persone che si fiderebbero di un taxi completamente guidato dall’intelligenza artificiale piuttosto che da un umano.
Inoltre, le professioni ritenute essere in pericolo sono quelle inerenti al mondo della scrittura e della fotografia. Ma chi leggerebbe un intero libro scritto dall’AI che – almeno per il momento – non è in grado di provare empatia o emozioni? Chi preferirebbe delle foto artificiali del proprio matrimonio piuttosto che quelle reali?
L’intelligenza artificiale è un’invenzione come tutte le altre: ha i suoi vantaggi e i suoi difetti, e può essere usata per scopi illeciti così come per il bene della comunità: tocca a noi capire come difendersi dai suoi pericoli. Il suo futuro è interamente nelle mani dell’uomo, e finché la società saprà sfruttare bene questa risorsa, dovremmo essere tutti al sicuro. O almeno per ora.
David-Leonardo Antal,
L’Angolo del Caffè