Ancora uno, poi un altro e un altro ancora.
No, non stiamo parlando di ciliegie o di cioccolatini ma di minuti, ore, che trascorriamo ogni giorno su internet, quando distrattamente distribuiamo “like” sulle piattaforme social, quando appassionatamente giochiamo ai videogame, quando passivamente leggiamo articoli sui siti più diversi, quando cerchiamo compulsivamente “l’affare” in rete.
Conosciamo già gli impatti fisici e psicologici legati all’abuso di internet documentati in tanti studi e pertanto approfondiremo aspetti meno dibattuti come l’utilizzo dei dati raccolti dalle aziende che gestiscono le piattaforme tecnologiche sulle quali trascorriamo il nostro tempo.
È noto che le piattaforme internet come social media (Instagram, Facebook, Snapchat, Twitter, e molte altre), videogiochi, giornali online, motori di ricerca, canali di streaming, siti di cucina, siti di abbigliamento e tanti altri raccolgono una grande quantità di dati prodotti dalle nostre reazioni ai contenuti proposti.
Il valore di questi dati è enorme perché ci mette a nudo svelando il nostro pensiero, le nostre preferenze, le nostre inclinazioni.
Ciò accade ogni volta che raccontiamo il nostro pensiero su Twitter, che sveliamo le nostre preferenze mettendo un like a dei prodotti su Instagram, che riveliamo i nostri interessi digitando una parola sui motori di ricerca, che mostriamo le nostre preferenze culinarie scegliendo delle ricette sui siti tematici e potremmo fare moltissimi altri esempi.
In alcuni casi potremmo pensare di essere parte attiva di un cambiamento esprimendo il nostro pensiero sulle piattaforme digitali ma la realtà è molto più complessa. Tutti i dati raccolti, opportunamente elaborati ritornano indietro investendoci come uno tsunami, insinuandosi nelle aree più profonde del nostro inconscio, condizionandolo.
Parliamo di un vero e proprio condizionamento sociale che investe i più svariati ambiti come quello degli acquisti, dei comportamenti, dei gusti, del posizionamento politico…
In quanto esseri umani tendiamo a ricercare un gruppo di appartenenza dove ci sentiamo più a nostro agio e nel quale tendiamo a conformarci perché sentiamo la necessità di essere accettati o semplicemente per sentici parte di un gruppo per il quale faremmo di tutto, dal cambiare le nostre opinioni al cambiare i nostri comportamenti, nel tentativo effimero di accrescere la nostra autostima.
Questo fenomeno ha antiche origini ma è diventato più pervasivo e molto più rapido in concomitanza con lo sviluppo tecnologico.
Gli studi di psicologia confermano che l’influenza sociale, questa potentissima forza invisibile, oltre a mantenere e rafforzare il controllo sociale, tende a conformarci.
Il grande rammarico è l’impiego di questi dati per controllare e imporci dei prodotti, delle tendenze, delle idee anziché per potenziare studi che permettano di creare una società migliore, più consapevole, con un pensiero critico.
La prossima volta che guarderemo un reel, la prossima volta che leggeremo un articolo, la prossima volta che cambieremo i nostri pensieri per cedere alle lusinghe dei mass media, agli influencer, ai messaggi più o meno veritieri di “entità” senza scrupoli, ricordiamoci di essere più concreti, più veri, di spogliarci dalle etichette sociali e di tenere sotto controllo il labirinto dell’influenza sociale.