Circa un anno fa Meta, un’impresa statunitense che controlla i principali social media e servizi di messaggistica istantanea, è stata citata in causa da oltre quaranta Stati americani, con l’accusa di
“Sfruttare tecnologie potenti e senza precedenti per attirare, coinvolgere e infine intrappolare giovani e adolescenti”, ingannando ripetutamente il pubblico sui molteplici pericoli delle sue piattaforme di social media. Questa azienda viene inoltre incolpata di approfittare della vulnerabilità dei suoi utenti più giovani, sviluppando algoritmi destinati a mantenere l’utilizzatore sulla piattaforma il più a lungo possibile, anche compulsivamente; risultato ottenibile con meccanismi come lo “scroll infinito”, soprattutto presente su Instagram e Facebook, grazie al quale l’osservatore può rapidamente passare da un contenuto ad un altro, senza dover compiere nessun altro sforzo se non fare “swipe up” con un dito.
Molti educatori hanno inoltre evidenziato come l’uso di questi social media abbia un’impatto negativo sulla salute mentale e sull’apprendimento, per molto tempo. Diverse scuole dei distretti americani hanno quindi deciso di fare causa all’azienda, le scuole pubbliche di Seattle per prime, affermando che il numero di studenti nel sistema scolastico che riferiscono di sentirsi “so sad or hopeless almost every day for two weeks or more in a row that they stopped doing some usual activitie“ (così tristi o senza speranza quasi ogni giorno per due settimane o più di fila che hanno smesso di fare alcune attività abituali) è aumentato del 30 per cento nel decennio dal 2009. Periodo in cui l’accesso degli adolescenti a smartphone e social media è esponenzialmente aumentato.
L’accusa di danneggiare la salute mentale dei giovani e di crear loro dipendenza è stata anche mossa da 14 Stati statunitensi, lo scorso Martedì, a TikTok, social network in voga principalmente tra gli adolescenti con più di 21 milioni di utenti attivi solamente qui in Italia.
Le cause legali contestano vari elementi della piattaforma, tra cui il suo feed, ovvero la pagina principale dell’app, di contenuti a scorrimento infinito, le sfide che a volte incoraggiano comportamenti rischiosi e le notifiche a tarda notte che possono disturbare il sonno.
Il procuratore generale di New York Letitia James afferma che TikTok, sviluppando sempre meglio il meccanismo con cui tiene gli utenti incollati allo schermo, stia coltivando una generazione di giovani che trascorrono diverse ore del giorno sulla sua piattaforma, anche molte di più di quante sceglierebbero, e che non sanno più scollarsene.
TikTok è diventato come le sigarette. Un qualsiasi adolescente che fuma sigarette in modo non assiduo, un pacchetto ogni tanto, che afferma “smetto quando voglio”, è paragonabile a un utente tipo dell’applicazione che dice “se voglio smetto di guardarlo”; entrambi non sanno di avere una dipendenza e, anzi, negano fermamente di averla, però il loro primo istinto appena hanno un momento libero è di tirare fuori l’accendino o di aprire l’app. Forse, però, TikTok sta diventando anche più dannoso per la salute degli adolescenti: colpendo soprattutto lo spettro psicologico, creando una fortissima dipendenza in cui l’osservatore non riesce a smettere di scrollare i video, andando a ridurre enormemente la soglia dell’attenzione ed essendo disponibile in ogni luogo in ogni momento da qualunque utente senza efficaci analisi sulla sua età.
Inoltre i numerosi canoni di bellezza che sono virali nell’applicazione spesso incoraggiano allo sviluppo di problemi legati all’alimentazione e al rapporto con il proprio aspetto fisico, creando così degli standard irraggiungibili, soprattutto perché fittizi: immagini manipolate che fanno apparire i soggetti con una vita più stretta o con un naso più piccolo che vanno a inculcare nella mente di preadolescenti e adolescenti che quella sia la normalità e che se non si è così allora si è sbagliati.
Dunque le piattaforme dovrebbero attivarsi per rendere i loro social dei posti sicuri, con verificazioni funzionali sull’età degli utenti, suddivisione dei contenuti in base all’età, filtrazione dei post prima della pubblicazione e soprattutto una limitazione del tempo di utilizzo, non eliminabile, per tutti gli osservatori; così da far in modo che i social siano un mezzo di svago e non una dipendenza, salvaguardando la salute psichica dei giovani.