Il cambiamento climatico è senza ombra di dubbio una delle sfide più urgenti e complesse del nostro tempo, ma le risposte dei leader politici a questo fenomeno suscitano dibattiti e controversie.
Molti sostengono che gli sforzi fatti dai governi per affrontare il cambiamento climatico siano guidati da preoccupazioni reali per il benessere del pianeta e delle generazioni future.
D’altro canto, però, altri vedono queste misure come un’opportunità per costruire consenso elettorale e rafforzare la propria leadership.
Sorge quindi una domanda: il cambiamento climatico è diventato uno strumento politico o esiste un concreto coinvolgimento ed interesse da parte dei politici? Innanzitutto non si può negare che il cambiamento climatico sia ormai una realtà scientificamente provata.
Sul sito del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), viene infatti evidenziato come il rapido cambiamento del clima stia avendo il suo impatto su eventi meteorologici estremi come l’aumento delle temperature globali, lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento di episodi di siccità e uragani.
Per tentare di arginare queste situazioni molti paesi hanno adottato misure per ridurre le emissioni di gas serra e promuovere fonti energetiche rinnovabili. In alcuni casi, soprattutto in paesi particolarmente vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale come il Kenya, la Somalia, le Filippine e le isole del Pacifico, è chiaro come l’azione politica sia motivata da reali preoccupazioni legate alla sopravvivenza dei cittadini, piuttosto che da una questione di guadagno politico.
Al contrario siamo abituati, soprattutto in paesi ricchi, ad assistere a una politica che affronta le questioni ambientali solo in previsione di un’elezione, promettendo spesso misure drastiche per ridurre le emissioni e sviluppare un’economia verde e adottando interventi molto meno impattanti una volta al potere.
Un altro esempio sono le politiche sull’imposizione di tasse sul carbonio e l’incentivazione della transizione energetica, che sono spesso influenzate dalla preoccupazione di mantenere il consenso tra gli elettori e i settori economici strategici piuttosto che da un genuino impegno ambientale.
Per quanto riguarda la reale possibilità di attuare azioni ambientali, è doveroso fare una distinzione tra paesi sviluppati che hanno le risorse per attuare politiche ambientali progressiste e paesi in via di sviluppo che devono scegliere tra lo sviluppo economico immediato e la tutela dell’ambiente e puntano il dito contro i leader occidentali, accusandoli di voler mantenere lo status di paese ricco a discapito di quelli più poveri.
In conclusione, sebbene molti politici siano sinceramente preoccupati per il cambiamento climatico e abbiano attuato politiche in questa direzione, non si può negare che le questioni ambientali possano essere utilizzate anche come strumento di propaganda politica.
La sfida del cambiamento climatico richiede un impegno reale e coerente, non solo promesse superficiali, altrimenti si rischia di sfruttare l’interesse pubblico verso la sostenibilità senza compiere dei progressi concreti ed accentuando ulteriormente la crisi ambientale globale.