Negli ultimi anni, le tecnologie sviluppate dai giganti delle Big Tech hanno reso la programmazione notevolmente più accessibile. Gli strumenti di intelligenza artificiale, come i modelli di linguaggio avanzati, permettono agli utenti di generare codice attraverso semplici descrizioni testuali. Questo fenomeno sta democratizzando l’accesso alla programmazione, consentendo anche a chi non ha competenze tecniche avanzate di creare software e applicazioni. La nascita di questo approccio, a volte chiamato “programmazione no-code” o “low-code”, è in grado di trasformare idee in prototipi funzionanti con velocità e facilità senza precedenti. Tuttavia, questa evoluzione non sostituisce del tutto la necessità di programmatori esperti, specialmente per progetti complessi che richiedono un profondo livello di personalizzazione e ottimizzazione. Il vero cambiamento è l’emergere di una nuova competenza: l’arte di “saper far fare”, ovvero la capacità di comunicare efficacemente le proprie esigenze all’AI per ottenere il miglior risultato possibile.
Punto di vista ITIS Ettore Majorana.
Lorenzo Emidio D’angelo