Da poco Donald Trump è diventato il secondo presidente degli Stati Uniti a governare per due mandati non consecutivi, dopo Kennedy. Con la sua rielezione, la borsa di Wall Street è tornata a gioire grazie a promesse di tagli fiscali alle aziende. La dimostrazione di ciò sarebbe l’immediato aumento dei futures sugli indici S&P e Nasdaq.
Prima di analizzare i motivi di questa crescita, è opportuno accennare brevemente alla figura di Trump, oltre al funzionamento e alla storia di Wall Street.
Donald John Trump nasce il 14 giugno 1946 a New York City, negli Stati Uniti. È un imprenditore, politico e personaggio televisivo di fama internazionale. Dal 6 gennaio 2025 subentrerà ufficialmente a Joe Biden diventando a tutti gli effetti il 47º Presidente degli Stati Uniti d’America.La sua carriera inizia nel settore immobiliare, dove segue le orme del padre. Fonda la Trump Organization, azienda che si occupa di sviluppo immobiliare e altre attività commerciali. Con lo slogan “America First”, nel 2016 decide di candidarsi come rappresentante del Partito Repubblicano: il suo programma si concentra sulla riduzione delle tasse, la rinegoziazione degli accordi commerciali internazionali e la riforma dell’immigrazione.
In campo economico, Trump ha sempre adottato politiche incentrate sulla riduzione delle tasse e sulla deregolamentazione, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica e favorire le imprese sostenendo la riduzione dell’intervento governativo nell’economia per un approccio più scettico nei confronti del commercio internazionale a favore di una politica protezionistica.
Wall Street spera con Trump il rialzo dei valori della borsa di Wall Street, cuore finanziario degli Stati Uniti, inevitabilmente fa pensare che le diverse istituzioni finanziarie come la borsa di New York nutrano grande fiducia nell’operato ormai prossimo di Trump.
Wall Street, infatti, funziona come il principale centro finanziario degli Stati Uniti, in cui le diverse società emettono azioni che vengono negoziate sulla Borsa di New York e altri mercati. Gli investitori, tra cui istituzioni finanziarie, fondi comuni e singoli trader, acquistano e vendono azioni per cercare di ottenere profitti. Le banche d’investimento svolgono un ruolo chiave nella consulenza alle aziende e nella facilitazione delle operazioni di emissione di titoli. Le fluttuazioni dei prezzi delle azioni sono influenzate da una serie di fattori, tra cui notizie economiche, risultati aziendali e politiche governative.
Uno degli aspetti più importanti che influenzano i mercati dopo le elezioni è la politica fiscale del governo entrante. I repubblicani che, come Donald Trump, tendono a favorire i tagli alle tasse e la deregolamentazione, aumentano le aspettative di crescita delle imprese, soprattutto in settori come il petrolio, la difesa e le banche. Ciò è stato evidente nel 2016 quando, dopo la vittoria di Trump, i mercati azionari sono rimbalzati rapidamente grazie alle aspettative di una politica fiscale espansiva.
Inoltre il presidente, influenzando la composizione della Fed attraverso le nomine del suo consiglio d’amministrazione, svolge un ruolo determinante anche nella politica monetaria. Un presidente favorevole ai bassi tassi di interesse, come Trump, potrebbe esercitare pressioni affinché la Fed mantenga una politica più espansiva. Il rischio della predilezione del mercato azionario nel breve termine potrebbe essere la creazione di pressioni inflazionistiche che influiscono negativamente sui valori delle obbligazioni.
La politica estera è un altro punto di svolta fondamentale. Le politiche protezionistiche di Trump potrebbero portare a tensioni commerciali, soprattutto con la Cina, come già avvenuto in passato, e l’Unione Europea generando volatilità sui mercati globali, con particolare impatto sui mercati emergenti.
In conclusione, Trump potrebbe rivoluzionare ancora una volta l’economia americana con il tentativo di ridurre le tasse aumentando così di fatto le esportazioni e diminuendo le importazioni. Per di più, il nuovo presidente cercherà di rafforzare ulteriormente il dollaro americano a discapito dell’euro, come aveva già fatto in passato.