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La COP16 si è conclusa a Cali, in Colombia, con risultati misti ma promettenti. Sebbene non si sia raggiunto un accordo sulla “Strategia per la mobilitazione delle risorse”, ci sono stati progressi significativi in diverse are chiave. Un passo avanti fondamentale è stato l’accordo sull’articolo 8J, che riconosce e integra il ruolo essenziale dei popoli indigeni nella conservazione della natura. Questi gruppi, infatti, hanno conoscenze fondamentali che sono importanti per la protezione e la gestione sostenibile degli ecosistemi.

 

Inoltre è stato istituito un nuovo meccanismo per una giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dalle informazioni genetiche. Questo strumento mira a garantire che i vantaggi ottenuti dall’utilizzo delle risorse genetiche siano condivisi equamente, specialmente con i paesi e le comunità che custodiscono queste risorse. È un passo importante verso la giustizia ambientale e la sostenibilità globale.

 

Nonostante questi progressi la COP16 ha anche evidenziato delle criticità. Non tutti i Paesi sono d’accordo su come finanziare un fondo per la natura, una divisione che potrebbe rallentare i progressi verso i traguardi del 2030. I Paesi in via di sviluppo chiedono maggiori impegni finanziari da parte delle nazioni più riche, sostenendo che queste ultime hanno una maggiore responsabilità storica nelle emisioni di gas serra e nella degradazione ambientale.

 

In sintesi, la COP16 ci ha mostrato che è super importante lavorare insieme per proteggere la biodiversità. Il successo delle prossime fasi dipenderà dalla capacità dei leader mondiali di trovare un terreno comune e di impegnarsi concretamente per il bene del pianeta. Dobbiamo fare del nostro meglio per aiutare il nostro pianeta, ma ricordandoci che ogni azione conta e che la collaborazione internazionale è la chiave per un futuro sostenibile.

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