Social media

Qual è la prima cosa che fai al mattino?

La maggior parte ragazzi della nostra generazione, la Gen Z, risponderebbe che, talvolta ancora prima di alzarsi dal letto, controlla le notifiche sul loro telefono oppure che guarda foto e video sui social media mentre fa colazione.

Il tempo e l’attenzione che dedichiamo a queste piattaforme è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni fino ad occupare grandi fette delle nostre giornate e arrivando a modificare il nostro stile di vita. Si è verificato un radicale cambiamento dell’infanzia e dell’adolescenza poiché i social media, diventando il luogo in cui si sviluppa la vita sociale e dove si creano la maggior parte delle relazioni interpersonali, hanno stravolto i nostri rapporti all’interno della società. Ora l’adolescenza è basata sul telefono, dispositivo d’accesso a piattaforme che distraggono il ragazzo dalla vita reale e dalle sue interazioni sociali. Per i nativi digitali, è questo il luogo dove possono conoscere se stessi e ciò in cui si identificano.

 

Questi cambiamenti sono stati positivi?

Ovviamente ci sono stati molti miglioramenti: le vie di comunicazione sono cresciute facilitando il mantenimento dei rapporti con persone anche molto lontane da noi, ciò che vediamo sui social può creare argomenti di discussione e sicuramente essi rappresentano una forma di intrattenimento non indifferente. Ma forse è diventato troppo.

Il tempo scorre senza che ce ne accorgiamo e non riusciamo più a straccarci, è tutto un “al prossimo spengo” poiché la nostra attenzione è totalmente catturata da quelle immagini. E se mi perdessi qualcosa?” – la necessità di essere continuamente collegati a tutto ciò che sta succedendo, a ciò che gli altri pubblicano, sembra impellente, è una dipendenza.

Sempre più diffuso è il fenomeno degli Hikkokomori, giovani che volontariamente si isolano dal resto della società e comunicano solo con i social network. Dietro questa sindrome si possono nascondere disagi come ansia sociale o depressione, malattie al giorno d’oggi molto più diffuse rispetto al passato.

Da un recente rapporto dell’OMS, pubblicato il 10 ottobre 2024, si legge che un adolescente su sette soffre di uno di questi disturbi, tra le principali cause di malattie per questa fascia d’età e che il suicidio è la terza causa di morte fra i 15 e i 29 anni. Negli ultimi anni sono cresciuti i casi di autolesionismo giovanile, atteggiamento che induce a farsi del male per lenire un dolore, e un altro fenomeno in forte crescita sono i casi di disturbi del comportamento alimentare: un pesante sentimento di inadeguatezza porta i ragazzi a modificare il proprio regime alimentare, illusi che ciò li porterà a diventare come vogliono.

I ragazzi sono diventati più “deboli” mentalmente?

Quante volte si sentono i commenti degli adulti che iniziano con “Ah ai miei tempi…”, seguiti dalla spiegazione di come funzionava il mondo nel secolo scorso e di come la situazione sia cambiata? La colpa, però, non è dei ragazzi, bensì dell’ambiente in cui stanno crescendo. Fino ad una ventina d’anni fa, infatti, gli adolescenti non crescevano con il telefono in mano bensì all’aria aperta, in una società più sicura, o, almeno, reputata tale. Adesso, invece, i genitori sono diventati iperprotettivi nei confronti della vita reale, ma non prestano alcuna attenzione a ciò a cui i figli sono esposti quotidianamente sui social. I contenuti, proposti dall’algoritmo, possono essere fonte d’ispirazione, spingerci a provare nuove esperienze, a migliorare qualche nostra abilità, ma anche convincerci che bisogna essere come ciò che vediamo. L’esposizione continua a questi modelli irrealizzabili sta creando molti disagi fra gli adolescenti, che vengono avvicinati a confronti che non possono vincere. I ragazzi provano a imitare ciò che vedono, ma quando i risultati non arrivano si convincono che non sono capaci di raggiungere i loro obiettivi e che non sono abbastanza dato che non sono come gli esempi che seguono. Tendiamo a dimenticare che ciò che vediamo non è la realtà, è qualcosa di idealizzato, qualcosa che non saremo mai, nemmeno provandoci. Quindi no, le nostre menti non sono più deboli, ma siamo sottoposti a stimoli totalmente diversi.

 

Come è cambiato il mondo intorno a noi, dobbiamo cambiare noi.

Non si può regredire, cancellare i social solamente perché ci si è accorti che non hanno solo conseguenze positive sulla società, bensì ci si deve adattare, come abbiamo sempre fatto in passato per far fronte ai radicali cambiamenti del mondo. Siamo noi a tenere in mano il telefono, non il contrario, quindi è fondamentale imparare a regolarsi, o trovare strategie che ci aiutino a limitare l’utilizzo del nostro dispositivo, o anche solo limitare i contenuti che ci influenzano negativamente. Per i ragazzi, però, può essere complicato: è compito dei genitori applicare i controlli e le limitazioni in modo da proteggere i più piccoli da ciò che non è adatto a loro. L’infanzia è diversa, quindi deve diventarlo anche il sistema educativo.

Il mondo è destinato a cambiare ancora?

La società è in continua evoluzione e le sue frontiere sono in continua espansione, basti pensare al recente sviluppo dell’intelligenza artificiale, destinata a stravolgere il mondo, anche se non si sa ancora se nel bene o nel male. Sono certa che sarà un’inestimabile fonte di conoscenza per l’uomo e che lo aiuterà in ciò che è rischioso o difficile per lui, ma è uno strumento che dovremo usare con estrema cautela. L’intelligenza artificiale deve rimanere un aiuto per gli esseri umani, non sostituirlo: siamo noi le menti pensanti, non dobbiamo mai dimenticarlo. I social media ci hanno dimostrato che il nostro cervello è facilmente assoggettabile, ma dalle esperienze di questi anni va tratto un insegnamento e bisogna applicare le dovute limitazioni affinché la situazione rimanga sempre sotto il nostro controllo.

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