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Oggigiorno l’Intelligenza Artificiale è sempre più presente nelle nostre vite, si sta man mano

insidiando nella nostra quotidianità e non siamo neanche più in grado di riconoscerla, ad

esempio quando si utilizzano piattaforme come Netflix, Google Maps e riconoscimento

facciale per sbloccare il proprio cellulare. Nonostante sia nata come strumento per aiutare

l’uomo, pian piano sta prendendo il suo posto, l’utente che usa queste funzioni non sa più

dove finisce il lavoro umano e dove inizia quello artificiale. Ma questo rende l’Intelligenza

Artificiale una minaccia?

L’effetto Dunning Kruger ci spiega che l’IA attraverso la distorsione cognitiva entra nelle

nostre menti e ci fa sentire più preparati di quello che siamo, poiché mette in luce i nostri

meriti nascondendo le nostre lacune. Riteniamo che l’esperto Luca Tremolada abbia colto il

punto cruciale del problema dell’IA cioè che le persone fanno fatica a sviluppare un proprio

pensiero cognitivo dipendendo e affidandosi troppo a qualsiasi risposta che il chatbot

fornisce. Nei casi più critici una persona potrebbe accettare consigli forniti dall’IA sul tema

medico o legale senza consultare una fonte umana qualificata. Inoltre i chatbot non solo

azzerano il nostro pensiero critico ma anche, se usati spesso e per ricerche rapide,

indeboliscono la memoria e la capacità di problem solving.

D’altra parte alcuni potrebbero sostenere che l’IA, se utilizzata responsabilmente, potenzia le

capacità umane, migliora l’accesso all’informazione e rende più efficiente l’apprendimento.

In effetti, questi strumenti offrono sostegno e aiuto ai medici, analizzano grandi dataset e

forniscono risposte rapide, aprendo nuove opportunità in ambiti educativi e professionali. I

chatbot sono disponibili a qualsiasi ora del giorno, tutti i giorni senza limiti. Sono facilmente

utilizzabili con un dispositivo collegandosi ad una rete internet e a livello lavorativo possono

diventare fonti di nuove carriere professionali, come ad esempio nei campi della

manutenzione, della fabbricazione o dello sviluppo dei chatbot.

Secondo il nostro punto di vista, l’intelligenza artificiale è un pericolo dato che crea

dipendenza e rende le persone più pigre; tuttavia non si tiene conto che ogni tecnologia, in

passato, fin da subito è stata vista con sospetto: è successo con il computer, con Internet e

perfino con la stampa. Il problema non è l’IA in sé, ma come la usiamo, se come un supporto

e non come un sostituto totale della nostra mente, allora diventa uno strumento utile.

In conclusione, possiamo affermare che l’intelligenza artificiale rappresenta davvero una

minaccia quando permette all’effetto Dunning-Kruger di svilupparsi. Più ci affidiamo a questi

strumenti senza comprenderli pienamente, più rischiamo di sentirci competenti anche

quando non lo siamo. Per questo riteniamo che l’IA, se usata in modo inconsapevole, non

solo ci rende più dipendenti e meno capaci di ragionare da soli, ma può anche portarci a

sottovalutare i rischi reali delle informazioni che riceviamo (Deep-Fake). Alla fine, il vero

pericolo non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui confonde la percezione che abbiamo

delle nostre capacità, spingendoci a credere di sapere più di quanto sappiamo davvero.

 

Pessotto Eva, Cuzzi Morena, Gasparini Alessia e Brisotto Anna

 

studentesse della classe 4 A Linguistico

Liceo Pujati di Sacile (PN)

 

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