“Immigrazione, migranti, rifugiati, flussi migratori, clandestini, Lampedusa…”
Ormai, i media di massa ci hanno impresso queste parole nella mente.
Il flusso migratorio proveniente dall’Africa settentrionale sta certamente diventando un problema per gli hotspot del sud Italia: a Lampedusa, qualche settimana fa sono arrivati ben 6000 migranti, quando la capacità dell’hotspot si aggira sui 400. E subito i media hanno cominciato a diffondere un’idea di pericolo e di “invasione”.
Il pensiero degli italiani sembra essere diviso in due grandi gruppi: c’è chi sostiene che lo sbarco continuo di immigrati clandestini porterà il nostro paese a peggiorare ogni giorno, appoggiando quei partiti che ripudiano la presenza straniera in Italia, e chi invece ritiene giusto ospitare gente in cerca di nuove opportunità o più semplicemente di una nuova Vita, con la “v” maiuscola.
Molti considerano l’immigrazione un grave problema, o per problematiche di carattere economico quali i salari, o talvolta per questioni di carattere ideologico come il silenzioso e fatale razzismo (ancora molto diffuso nell’Italia odierna). Ma queste preoccupazioni hanno ragione di esistere?
Innanzitutto, il problema alla base della disoccupazione non è la presenza di troppi migranti (i celebri “ladri di lavoro”), bensì la richiesta di competenze sempre più alte da parte delle aziende, dal lavoro precario e dalla scarsa offerta di lavoro a bassa specializzazione. Bisogna inoltre distinguere i disoccupati effettivi dagli individui inattivi in età lavorativa: quest’ultimi si aggirano attorno al quintuplo dei disoccupati, soprattutto a causa di studi o formazioni professionali in corso. La disoccupazione effettiva, dovuta da una mancanza di proposte di lavoro, non è quindi un problema così diffuso come ci si aspetta.
Inoltre, in Italia i pregiudizi e il razzismo sono ancora molto diffusi, in particolare per via di quei pochi individui che, a causa dei loro comportamenti inappropriati e spesso sottolineati dalla società, diffondono un’immagine spiacevole che viene poi attribuita a un intero gruppo etnico. Per esempio, la maggior parte della popolazione italiana è abituata fin dall’infanzia ad associare la figura dell’immigrato a un potenziale pericolo, per esempio, a causa di fenomeni come il terrorismo o come la diffusione di malattie infettive, o negli ultimi anni persino lo spaccio.
Prendiamo Parigi come esempio: è una città sicuramente multietnica, in cui da secoli la popolazione è abituata a condividere gli spazi comuni con numerosissime altre nazionalità e culture. Il risultato? Se si vede qualcuno di una nazionalità diversa dalla propria, lo si ignora, non si ha paura di niente. In Italia la situazione è l’esatto opposto: si passa in poco tempo dalle occhiate ostili a gesti implicitamente discriminatori, a tal punto che alcuni partiti utilizzano la politica migratoria come argomento a loro sostegno in vista delle elezioni…
E infine, molti criticano il governo. Perché? Perché non è ancora riuscito a impedire gli sbarchi.
Ma perché impedirli? Perché “rispedirli a casa loro”? Perché erigere un invisibile muro di cemento armato lungo le frontiere, tra l’altro in faccia a gente che ha enormemente sofferto e ancora soffre? Queste persone sono costrette ad abbandonare il proprio paese poiché minacciate dalle condizioni e dal paese in cui vivono: cercano disperatamente di ricostruirsi una vita, una famiglia, un futuro, e i governi li ostacolano.
Come vi sentireste se, dopo avere perso tutto, dopo avere rischiato la vostra vita più e più volte, e avere intrapreso uno stancante viaggio lungo intere settimane, dopo tutto ciò, la porta per una la vostra rinascita fosse chiusa a chiave dai fortunati che si trovano dall’altro lato?
Detto questo, consigliamo vivamente la lettura del libro “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella: se volete scoprire cosa nasconde ciascuna delle figure, stanche e sfinite, che vediamo ogni giorno in televisione quando si parla di Lampedusa, questo è il libro perfetto.
– David-Leonardo, L’Angolo del Caffè.
In realtà siamo tutti migranti. Ogni volta che, nella vita,voltiamo pagina, e’ una migrazione. Chi migra lascia tutto. E la comunità internazionale, Il minimo che possa fare e’ accogliere i migranti dando loro la possibilità di far ripartire la loro vita.