I videogiochi sono stati, in particolare negli ultimi anni, osservati con una notevole dose di sospetto e sfiducia dalle famiglie e dalle testate giornalistiche in generale a causa della cattiva influenza che si suppone essi abbiano nei confronti dei più giovani che , con sempre maggior frequenza, vengono a contatto con il mondo videoludico.
I casi più eclatanti in questo particolare ambito sono la strage del Connecticut o quella di Oslo riguardo alle quali è stata repentinamente attribuita la colpa a noti videogiochi quali “World of Warcraft” o “Call of Duty” a causa delle scene cruente e sature di violenza presenti in essi.
Risulta necessario a questo punto ricorrere ad una precisazione: la vendita europea di videogiochi è obbligatoriamente fiancheggiata dall’ “Pan European Game Information” altresì conosciuto con il nome di “PEGI” fin dall’Aprile del 2003 che si occupa di classificare ogni videogioco secondo diverse età consigliate ed eventualmente specificarne le caratteristiche che potrebbero turbare un acquirente e un giocatore particolarmente sensibile (quindi nell’ambito della violenza, scene esplicite, linguaggio scurrile o varie scene spaventose) rendendo il processo del tutto simile a quello utilizzato nelle distribuzioni cinematografiche in ambiente domestico ove il simbolo dal diverso colore consiste in un semplice consiglio riguardo a quale tipologia di pubblico sia più idonea a visionarne il contenuto.
L’argomento è tuttavia ben più complesso di quanto si possa riassumere nelle poche righe precedentemente proposte in quanto è necessario analizzare tutto l’ambiente nel quale ogni individuo (specialmente in tenera età), è diventata abitudine infatti negli ultimi anni osservare ossessivamente un particolare argomento, negativo o non, imponendo fermamente le proprie convinzioni a riguardo per poi fingere che il medesimo, o comunque argomenti dalla simile influenza, presentato sotto un punto di vista od un aspetto differente è perfettamente accettabile.
La possibilità di poter vedere un film non idoneo alla sua fascia di età ad un minorenne non ha tuttavia mai suscitato una quantità di critiche e proteste pari al parallelo caso in ambito videoludico a causa della fondamentale caratteristica che distingue i videogiochi dagli altri media: l’interattività.
La causa di così tante critiche rivolte ai videogiochi è dovuto infatti al fatto che, essendo appunto giochi, un qualsiasi individuo è portato naturalmente ad immedesimarsi in esso e, a detta di molti, a sfociare in una forte influenza sulla psiche dello stesso spingendolo ad agire in maniera più violenta.
Questo tuttavia, se osservato con un occhio più attento, pare più una scusa che i genitori e la società in generale utilizzano per evitare di prendersi eccessive responsabilità e trovare un comodo pretesto ad un eventuale fallimento.
Le critiche di istigare alla violenza non sono infatti proprietà unica dei videogiochi, infatti negli anni passati queste accuse vennero rivolte nei confronti di altri passatempi quali l’uso eccessivo di internet oppure la lettura di fumetti (alquanto curioso è come invece nessuna accusa simile fu mai rivolta ad un avido lettore di libri horror, ad esempio), tutti fattori che risultano essere tanto conosciuti ai giovani quanto sconosciuti agli adulti.
A questo punto viene normale domandarsi se non sia un riflesso naturale del genere umano verso il timore di ciò che non si conosce a spingere molti individui a considerare qualcosa negativo senza esserne effettivamente a conoscenza. Una volta un persona disse che, in un mondo impossible, nel quale i videogiochi fossero nati prima ancora dei libri al giorno d’oggi molte critiche sarebbero rivolte a questi ultimi in quanto un lettore si trova a dover leggere ed accettare ciò che è già scritto e non può essere modificato. È quindi corretto “discriminare” il videogioco per qualcosa che qualsiasi altro mezzo di divulgazione, informazione o di intrattenimento prova a fare?
È tuttavia il caso di riflettere sull’effettiva connessione tra videogiochi e violenza: è stato infatti dimostrato come esista un effettivo legame tra l’utilizzo di videogiochi e lo sfociare di comportamenti violenti ma esso si presenta esclusivamente dopo un eccessivo utilizzo degli stessi dimostrando tuttavia solo ed esclusivamente quanto l’utilizzo eccessivo di una qualsiasi strumentazione o azione possa comportare numerosi danni (alcuni esempi più che evidenti in questo caso sono l’eccesso nel mangiare o nel dormire).
Secondo numerosi studi infatti l’influenza negativa dei videogiochi risulta essere l’esatto opposto di quella continuamente decantata in numerose testate giornalistiche e nelle bocche di chi sa poco a riguardo, ovvero l’isolamento: il “mondo” dei videogiochi risulta infatti una facile scappatoia dai problemi e le preoccupazioni del mondo reale motivo per il quale sempre più giovani (in particolar modo in Giappone e nei Paesi vicini dove questo media ha un’ influenza ben maggiore che nel resto del mondo) vi si rinchiudono preferendo estraniarsi dalla società.

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