Con l’accrescersi delle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione si è sviluppato anche il mondo dei videogiochi. Questi ultimi hanno riscosso un grandissimo successo (soprattutto tra i più giovani) e sono diventati uno dei passatempi preferiti da una grande quantità di persone. Esistono un’infinità di videogiochi, certi sono adatti per un pubblico di età precoce mentre altri sono stati creati per divertire un pubblico più cresciuto. Certi videogiochi infatti presentano aspetti e scene violente che possono nuocere a soggetti facilmente impressionabili, come i bambini.
Esiste un ente che è incaricato di individuare l’età adatta per ogni videogioco, il suo nome è PEGI. Il sistema riceve il supporto dei principali produttori di console, tra cui Sony, Microsoft e Nintendo, infatti nelle confezioni troviamo delle informazioni su vari aspetti contenuti nel videogioco (scene di violenza, sesso, droga, gioco d’azzardo, discriminazione e paura) e un numero colorato che indica l’età consigliata per poter giocare. Ma, sinceramente, chi di noi non ha mai comprato un gioco solo perché fuori dalla fascia di età indicata dal PEGI? Nessuno, io in primis. Il PEGI al massimo è utile ai genitori che devono acquistare un videogame per i loro figli.
I videogiochi violenti, a mio parere, attraggono molto, soprattutto i ragazzini della fascia di età tra dieci e dodici anni. A quell’età, soprattutto per i maschi, si entra in una fase di passaggio dove si comincia a sentirsi grandi anche se non si è maturi, e soprattutto si è ancora molto condizionabili pur non rendendosene conto. Un sacco di questi ragazzini compra questi giochi e ci gioca per molte ore, mettendo l’attività videoludica al primo posto tra le più importanti nella vita quotidiana.
Stare molto tempo davanti ad uno schermo non è salutare per gli occhi, se poi si aggiunge il contenuto violento e diseducativo, il risultato è sicuramente dannoso. In rete girano molti video di bambini (in genere prima dei 13 anni) che mentre giocano ad un gioco violento urlano e si arrabbiano in maniera mostruosa, sono rimasto scioccato dal loro comportamento. Per esempio ne ho visto uno dove un bambino gioca tranquillamente a GTA (noto gioco violento adatto ad un pubblico cresciuto, PEGI 18), la sua serenità viene però turbata dalla madre che gli impone di fare i compiti per il giorno dopo, prima con le buone poi con le cattive, spegnendo la console. Quando la madre spegne la console quest’ultimo ha una crisi isterica e comincia ad insultarla pesantemente: una reazione spropositata, visto che si tratta solo di un videogame, e poco rispettosa.
Navigando un po’ in internet ho notato che situazioni simili succedono quasi esclusivamente quando un bambino gioca a giochi violenti. Questo ci fa capire che mentre un individuo utilizza questi giochi in lui si innescano molte reazioni che lo rendono una bomba pronta ad esplodere al minimo stimolo. Però non tutti subiscono questi effetti: esistono soggetti che si lasciano influenzare troppo dal videogioco mentre altri riescono a rimanere più distaccati.
I bambini sono i più esposti agli effetti dannosi dei videogame violenti, invece i ragazzi dai 14 anni sono meno impressionabili, hanno più consapevolezza della realtà e sono in qualche modo abituati alla violenza. Può suonare male, ma per abituato alla violenza intendo un individuo che non si stupisce più davanti a situazioni molto crude, questo è dovuto agli svariati mezzi di comunicazione: in particolare ad internet e alla televisione (ad esempio nei telegiornali) che trasmettono contenuti facilmente accessibili a tutti.
Io fisserei il limite di età a 16 anni, e vieterei questi videogiochi violenti a chi non li ha ancora compiuti. A mio parere, vietarli ai minori di diciotto anni sembra eccessivo, a sedici anni si acquisisce già una certa maturità e comunque spetta sempre ai genitori vigilare su come il videogioco possa influire sugli atteggiamenti e sui comportamenti del figlio e impedire a quelli più piccoli di usarli.
