Oggigiorno i videogames sono diventati a dir poco fondamentali nella routine di un teenager. Fonti attendibili affermano che più del 95% degli italiani compresi tra i 6 e i 17 anni fanno utilizzo di dispositivi videoludici dei quali la maggior parte includono contenuti vietati ai minorenni come ad esempio la violenza e il sesso.
Una ricerca pubblicata dal Journal of Experimental Social Psycology sostiene che chi gioca a videogiochi violenti sia meno sensibile alla violenza stessa nella vita reale e, di conseguenza, porterebbe l’individuo ad essere più manesco e aggressivo, ma anche più apatico e meno altruista. Infatti, sfortunatamente, ci sono state svariate vicende di cronaca nera riguardanti minori influenzati dalla simulazione di atti violenti o di sparatorie.
Tuttavia, il colpevole di tutto ciò chi è? Del ragazzo? Dei genitori? Oppure del rivenditore?
La PEGI (Pan-European Games Information) è un sistema di classificazione che, dal 2003, aiuta i genitori a prendere decisioni informate sull’acquisto di un videogame. Riflettendoci su due piedi si pensa che lo sbaglio sia dei genitori. È vero, ma non del tutto. Una percentuale tocca anche al negoziante e al ragazzo, poiché sono consapevoli del fatto che il “gamer”, usufruendo di un videogioco a lui sconsigliato, potrebbe essere influenzato da esso negativamente.
Sebbene i videogames abbiano un impatto negativo sulle nostre vite, hanno anche, fortunatamente, dei benefici. Test scientifici hanno dimostrato che essi incrementano i riflessi di una persona e che “curano” la depressione.
Concludendo, la pericolosità di questi prodotti influisce non di poco sui ragazzi, malgrado non sia l’unico mezzo di “apprendimento negativo”. Il ruolo del genitore, in questi casi, è più che fondamentale: deve porre dei limiti ai propri figli in modo tale da non far prendere il sopravvento agli articoli videoludici violenti.

Tralasciando alcune sviste sintattiche, l’articolo racchiude sinteticamente i problemi legati a questo media (in certi casi avvicinabile a forma d’arte) relativamente giovane e in continua crescita. Come infatti dici, per
Il testo
Son rimasta molto colpita dai dati sopra elencati.
Son d’accordo sul fatto che la colpa non sia solo dei genitori, ma anche del rivenditore e del ragazzo.
Bisogna per