Molti anni fa, quando ancora non esistevano tecnologie avanzate, le generazioni di quel tempo, in particolar modo bambini e adolescenti, si divertivano giocando con gli amici al parco a nascondino o rincorrendosi fino all’estremo.
Ai tempi andava di moda frequentare l’oratorio del paese per incontrarsi e chiacchierare coi propri amici masticando una caramella dietro l’altra comprata nel famoso e unico baretto aperto. Oggi giorno, ma già da un po’ di tempo, parco giochi e oratori vengono poco considerati, poiché sono stati messi in circolazione altri strumenti di svago dedicati ai più giovani: i cosiddetti “videogiochi”.
Ve ne sono di svariati generi: d’avventura, d’azione, giochi enigmatici e dell’orrore. Questi generi vengono ideati per diverse fasce d’età, proprio per evitare di dare in mano ad un bambino di dieci anni videogiochi d’azione che potrebbero intendere come mezzo di insegnamento.
Detto ciò, il motivo per cui si vendono videogiochi del genere a ragazzi la cui età minima è diciotto anni , è proprio perché questi vengono considerati “grandi” da poter capire che ciò che appare davanti a loro è solo fantasia, qualcosa che non si dovrebbe riproporre nella vita reale. I genitori dei propri figli minorenni è qui che che giocano un ruolo importante: saper aiutare il proprio figlio a scegliere il videogioco più adatto per la loro età.
Di per sé un videogioco non è pericoloso, lo è nel momento in cui finisce nelle mani di un bambino che non ha la capacità di capire cosa è buono o cattivo, reale o virtuale. Per questo motivo trovo giusto sanzionare quei negozianti che, solo per questione economica, vendono giochi “pericolosi” interattivi a minorenni che non lo dovrebbero avere.
Jessica Colombo
4° AAF

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