La polemica sui rischi legati ai videogames si protrae dalla loro comparsa e potrebbe non arrivare mai ad una soluzione definitiva, considerando che questo conflitto è dato dalla natura delle ricerche che, innanzitutto, riguardano la psiche della quale non abbiamo tutte le chiavi e sopratutto la psiche dei bambini, ancora più delicata ed inoltre entra in relazione con talmente tanti fattori da rientrare nei sistemi caotici. A questa situazione già delicata si aggiunge la predisposizione dei genitori a dar credito alle fazione più pessimistiche che vedono nei videogiochi un buon capro espiatorio per la crisi morale delle ultime generazioni di giovani tanto da dichiarare collegamenti tutt’altro che provati come, ad esempio, quello fra uso giornaliero e prolungato di videogames e sostanze d’abuso, asserito assieme ad altri dalla pedagogista Milena Santerini, che non trova alcun riscontro reale infatti nei videogames la lucidità dell’avatar (dove prevista) e del giocatore è fondamentale risultando quindi un esempio. Ma la relazione favorita da tutti i detrattori dei videogames è quella con la violenza; per costoro, infatti, la violenza in una realtà virtuale istigherebbe alla pratica nella realtà tanto è vero che non esistevano guerre o altre forme di violenza prima dell’apparizione di Tekken e Call of Duty. In realtà una sessione di picchiaduro spesso permette di sfogarsi verso un ammasso di pixel anziché far scoppiare una rissa fuori da scuola e consente di liberare la mente dal nervosismo che si assorbe durante la giornata. I genitori, quindi, nel decidere quali videogiochi possono usare i propri figli si trovano in campi a loro, spesso, sconosciuti e si affidano ai bollini della PEGI la quale risolve semplicisticamente la selezione con fasce d’età decretate dal realismo e dalla accentuazione di violenza e sessualità; la pecca maggiore di questo sistema è proprio la classificazione per fasce d’età in quanto videogiochi di nicchia che affrontano temi quali la follia o particolari atteggiamenti possono risultare più indicati ad un ragazzo con una buona elasticità mentale od un carattere forte che ad un adulto molto sensibile. In definitiva la disputa sui rischi dei videogiochi non vedrà una prossima risoluzione, ma una classificazione più specifica e meno rigida può essere d’aiuto ai genitori e favorevole ai giocatori.

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