Il problema dell’immigrazione è una immane tragedia dei giorni nostre e, con le dovute proporzioni, ricorda un po’ l’esodo di Mosè e del popolo di Israele in fuga dalla persecuzione del Faraone.
Anche oggi queste enormi masse di gente, questi flussi migratori di proporzioni bibliche, fuggono da qualcosa. Fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla fame, dalla miseria e lo fanno sperando di trovare un luogo migliore in cui vivere ed in cui far crescere i propri figli.
Ma non sempre industrializzazione è sinonimo di civilizzazione. Anzi, mi sa proprio che ultimamente i due termini sono contrari.Quindi questi popoli, oltre a preoccuparsi seriamente di coloro dai quali stanno fuggendo, devono preoccuparsi in modo altrettanto serio di quello che li attende sia lungo il viaggio che una volta giunti a destinazione.
Si sentono ogni giorno notizie di decine e centinaia di migranti annegati in mare o morti durante il viaggio e, queste notizie, in noi “civilizzati” provoca un senso di pietà che è solo passeggero e che ritorna puntualmente ad ogni tragedia. Nulla più.
Anzi, i mezzi di informazione ci bombardano di cattive notizie che riguardano queste persone. Notizie che li vedono protagonisti di atti criminali. Come se tutti i migranti fossero dei ladri, degli assassini, degli stupratori. Tra loro ci sono anche i delinquenti, è normale. Quando si fugge o quando si emigra da un paese i primi a farlo sono senza dubbio coloro che lì hanno problemi con la giustizia. è successo in passato con gli albanesi e, se vogliamo dirla tutta, tra i primi ad esportare i criminali all’estero siamo stati proprio noi italiani con la mafia negli Stati Uniti e la ‘ndrangheta in Germania.
Quindi, loro ai nostri occhi, o per lo meno agli occhi della maggior parte di noi occidentali, appaiono come dei lebbrosi, come delle persone da evitare, come popoli da respingere e da rimandare negli inferni dai quali provengono.
Ma il vero problema, oltre all’accoglienza da fornire a queste persone, sta proprio nei loro luoghi d’origine. Luoghi in cui le nazioni civilizzate dovrebbero provare a riportare la pace, in cui creare le condizioni economiche affinché coloro che ci vivono possono farlo degnamente. Vedere questi luoghi come posti da far crescere, non solo come territori da sfruttare economicamente come il caso della Libia con il petrolio.
Ma si sa, la pace tra i popoli ed il benessere degli stessi sono solo concetti utopistici che vanno bene solo nei pensieri di noi ragazzi o nei temi che facciamo tra i banchi.
Ma a me, come a tutti quelli della mia generazione piace continuare a pensare ai sogni più impossibili…

0 Commenti

Lascia un commento

CONTATTACI

Hai una domanda? inviaci una e-mail e ti risponderemo al più presto.

    Il Quotidiano in Classe è un'idea di Osservatorio Permanente Giovani-Editori © 2012-2023 osservatorionline.it

    Effettua il login

    o    

    Hai dimenticato i tuoi dati?

    Crea Account