Guerra, violenza e morte: da ciò migliaia di migranti tentano di fuggire ogni giorno. Qualcuno riesce ad approdare sulle sponde italiane, altri, come accade di frequente, perdono la vita durante il viaggio per motivi di salute ma anche logistici: le imbarcazioni su cui navigano cadono quasi a pezzi, sono sovraccariche e la catastrofe è sempre dietro l’angolo. L’eurocentrismo prevalente ostacola l’accoglienza solidale e i contrasti che si sono creati non sono indifferenti: i pregiudizi guidano la popolazione europea a pensare in una determinata maniera, discriminando questi profughi che, per quanto di tradizioni lontane da quelle occidentali, si possono rivelare bravissime persone. Non si tratta di adottare la cultura altrui e sottometterci ad essa, lo scopo dovrebbe essere il maggiore rispetto, naturalmente reciproco, fra culture differenti.
L’Italia, in particolare la Sicilia, è lo scenario in cui maggiormente si risente l’arrivo di questi immigrati che, naturalmente per “comodità”, decidono di dirigersi lì per poi spostarsi, in territorio italiano, ma anche all’estero.
Il fatto che il popolo migrante arrivi in Italia non deve limitare il “problema” esclusivamente al suolo italiano: l’Europa è chiamata ad aiutare il nostro stato, senza se e senza ma. In ogni caso, Europa o no, pelle chiara o scura, la risoluzione di questo problema andrebbe supportata dal mondo intero, quantomeno per il peso umanitario non indifferente che la questione implica: è necessario collaborare economicamente e chiamare il popolo stesso a partecipare in modo attivo rispettando e, quando possibile, aiutando donne, bambini e giovani costretti a fuggire dalla loro casa, talvolta dalla famiglia e, soprattutto, dalla loro terra.

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