Diversi sono i libri che finora ho letto, nonostante abbia da poco un certo interesse verso la lettura, intesa come un modo consapevole, una scelta del tutto libera, volontaria, e non come una prescrizione o conseguenza impostaci. La lettura come strumento di apprendimento, di arricchimento di sé, mediante testimonianze di esperienze di vita reali o mediante fatti romanzati, spesso simili – sotto certi aspetti – a quelli vissuti o a quelli che si potrebbero vivere.
In proposito penso che ci sia un sacco di gente che ha vissuto una vita romanzabile. Il fatto è che non si possono scrivere a tavolino le vite degli altri. Questo è ciò che direbbe l’autore, se mai qualcuno glielo chiedesse.
Se avessi tutti i libri del mondo, fondamentalmente è “Non avevo capito niente” quello che salverei. Forse, perché, Vincenzo Malinconico, un avvocato semi-disoccupato, un marito semi-divorziato, protagonista di questo libro, pur non avendo capito nulla, ha compreso tutto.
Egli riesce, attraverso la sua intelligenza, mescolata ad un briciolo di stupidità, con la sua simpatia ed ironia, ad esporre delle verità assolute, delle filosofie di vita.
Ritengo che questo libro sia una sorta di manuale, il miglior regalo che l’autore abbia mai deciso di fare a noi lettori. Vi è forse racchiusa una particolare concezione della filosofia, simile a quella del nostro amatissimo Petrarca: quella che mira ad una approfondita conoscenza dell’uomo, un mezzo attraverso il quale possa accettare le disgrazie della vita ed indicargli la via da seguire, conducendolo alla felicità e alla salvezza.
Ritengo sia questo il modo in cui questo libro possa cambiare chiunque lo legga, semplicemente perché si nota una prevalenza di termini semplici, di uso quotidiano, che trasmettono concetti di difficile comprensione.
