Nell’era del multitasking la parola noia mette più paura di un film di Kubrick, forse perché spesso questa significa soffermarsi ad osservare quelle azioni che quotidianamente facciamo ma senza molto spesso chiederci la radice prima di esse. Non analizzare tutto quell’insieme di cose che riempiono le nostre giornate è un errore in cui cadiamo spesso, forse perché fermarsi ad osservare implica emettere un giudizio, lo stesso da cui spesso fuggiamo, eppure senza quest’ultimo non esiste l’esperienza che a sua volta consente la maturazione dell’individuo. Insomma, all’intrattenimento non possiamo proprio rinunciare, prendere un po’ di sole in terrazzo, senza leggere, ascoltare la musica o andare in Instagram è impossibile, non serve a nulla, una totale perdita di tempo. E’ altresì vero però che tutti questi ultimi passatempi non hanno nella gran parte dei casi nulla di sbagliato ci permettono di comprendere, o almeno tentare, la realtà che ci circonda oppure possono avere fini puramente ricreativi e conviviali, nei limiti delle restrizioni, a cui ci si è adatti con l’aiuto delle ultime tecnologie.

Tuttavia dopo questa riflessione, sorge in me spontaneo chiedermi se tutto quello di cui ci circondiamo, attività , che siano lavorative o di svago, e compagnie, siano la scelta giusta per riempire questo tempo, oppure se in questo straordinario periodo che stiamo vivendo, stare da soli per un po’ di tempo in più per capire se la nostra normalità, la vita prima della pandemia, nonostante tutti i nonostante ci rendeva veramente felici può essere una valida alternativa su cui ripiegare in uno di questi pomeriggi. Perché essere virtualmente circondati di persone, ora che si è obbligati a stare da soli, può essere bellissimo, però che senso ha farlo se diventa solo una fuga da noi stessi, dalle nostre paure, dalle nostre incertezze e dalle cose che per noi contano davvero. 

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