Il salto nel mondo “dei grandi?” Grazie preferisco di no. Perché cambiare una condizione così coccolosa e piena di premure che caratterizza la fase adolescenziale: dalla frutta sbucciata, dalla carne tagliata ai vestiti stirati lavati e profumati? Diventare grandi è difficile e coraggioso, perché richiede consapevolezza di sé, senso dei propri limiti, delle proprie capacità, delle proprie attitudini, delle proprie scelte, senso di progettualità: fattori che affondano le radici nel senso della propria identità che nel presente sembra invece essere smarrita. E quando manca la fase della costruzione identitaria e relazionale posta in essere dalla famiglia, dallo Stato, dalla scuola e da tutte le agenzie educative ci si trasforma negli eterni Peter Pan, liberi da ogni responsabilità di dover percorrere la strada dell’autonomia, dell’affrancamento dai propri genitori, della libertà. E allora vaghiamo senza meta, pigri ed indolenti al carico sociale, caratterizzati da quel senso di indeterminatezza che rallenta la spinta alla crescita spingendoci nel limbo dell’incertezza. Noi giovani infatti differiamo i traguardi adulti perché l’attuale crisi non ci permette di reperire attività stabili e ben remunerate e perché il percorso verso l’indipendenza è una strada accidentata ed insidiosa: ci si deve mettere sempre in discussione e conoscere le paure e l’incertezza del mondo degli adulti non ci convince. Quando si è piccoli si ha fretta di crescere e quando poi la vita ti pone delle scelte si regredisce allo stato dell’infantilismo. Ecco allora il fenomeno che gli esperti chiamano “adultescenza”: quel fenomeno applicato a tutti coloro che pur avendo raggiunto una certa età cronologica presentano ancora comportamenti immaturi tipici degli adolescenti, declinando volontariamente le proprie responsabilità. Per progredire occorre invece rimboccarsi le maniche, uscire dal torpore, cercare nuove prospettive guardandosi attorno con occhi diversi più profondi che sanno andare al di là dell’angusto steccato personale. Allora diventar grandi diventa un’avventura unica e straordinaria mista di soddisfazioni e di sfide, di problemi o difficoltà e soluzioni pronte: un valore più che un dato esteriore perché richiede una forte autostima e quel senso di maturità per affrontare le cose della vita. Tra l’altro è proprio la vita dell’uomo ad essere una parabola ascendente: da piccoli si diventa adulti ed autonomi quando siamo in grado da soli di “camminare” e saper gestire ed affrontare la propria libertà e quel carico di responsabilità a cui la vita ogni giorno ci chiama. Sarebbe innaturale versare nella condizione di bambini per una vita intera. Io personalmente ho sempre gestito le tappe della mia vita senza bruciarle come invece fanno molti miei coetanei che a diciotto anni hanno imboccato vie non sempre lecite. Il caso dei Parioli di Roma è a riguardo esemplificativo. I miei genitori mi insegnano regole ben precise: ad alzarmi la mattina presto, a fare sacrifici per studiare e mi conferiscono quel giusto carico di responsabilità per gestire aspetti e problemi della vita mia personale e della famiglia. Questo non significa non vivere da adolescenti con quella vivacità e spensieratezza tipica dell’età. Pertanto non ho fretta di crescere, di volare più in alto di quanto io possa fare. Preferisco assaporare le cose gradatamente per essere stimolata a esperienze nuove e diverse, in un alone di magia e di mistero delle cose future, di cui non temo nulla.

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