Una vita spezzata.

Carla aveva dodici anni quando decise di togliersi la vita. Era una ragazza vispa e sempre allegra quando un giorno Carla si spense. Si chiuse in se stessa. “Cosa ti sta succedendo bambina?” Le chiedeva in continuazione sua madre, ma Carla non rispondeva. Sua madre non avrebbe capito. Sua madre non avrebbe voluto sapere che il mondo aveva una concezione orribile di sua figlia. Carla soffriva, sopportava. A volte il dolore era cosi forte che si faceva male pur di non sentirlo. Ma un giorno in lei qualcosa si ruppe. Non capiva, non capiva perché proprio lei, perché avessero deciso di fare del male proprio a lei. Quel giorno era il 12 dicembre del 2003. Carla pianse, pensò a sua madre… Il solo pensiero di deludere le sue aspettative le comprimeva lo stomaco. Il pensiero che anche sua madre pensasse che non valeva niente, che non sapeva fare nulla, la torturava. Decise che il mondo sarebbe stato migliore senza di lei. Quella notte Carla morì. In silenzio abbandonò questo mondo. Il dolore della madre era fortissimo, sentiva che non aveva fatto abbastanza per la sua Carla. “Io ci sarei stata, ci sono sempre stata, ci sarò per sempre bambina mia”, si ripeteva come se fosse un mantra. Decise di fondare un’associazione, non avrebbe permesso che la morte della sua Carla fosse stata inutile. Avrebbe aiutato molti ragazzi, lo voleva a tutti i costi. Investì tutti i suoi guadagni in questo progetto. Sono passati undici anni da quel giorno, l’associazione ha raggiunto un grandissimo successo: più di quattromila ragazzi sono stati salvati dal suicidio grazie a psicologi professionisti. Oggi la madre di Carla, soddisfatta ma con il viso rigato dalle lacrime afferma: “Carla vive finché vivrà nella nostre azioni e nei nostri pensieri.”