L’Isis nasce dai quattro anni di guerra civile siriana che oggi mette di fronte Assad (sciita) ai ribelli jihadisti (sunniti). Nella notte del 13 novembre un’azione brutale ha colpito la Francia: 6 attacchi terroristici hanno causato oltre 60 vittime e decine di feriti. La Francia è uno dei due Paesi europei, insieme alla Gran Bretagna, che ha deciso di contribuire ai bombardamenti delle postazioni dell’Isis in Iraq e questo è il motivo che ha spinto i terroristi ad attaccare lo stato.
Attaccare direttamente l’Isis con bombardamenti aerei o l’intervento di forze speciali è un’opzione molto allettante per gli strateghi, visto che promette risultati immediati (anche se non sempre buoni). Quando, però, l’occidente decide di usare lo stesso metodo di chi combatte, rispondendo alla violenza con altra violenza, contribuisce a tramandare il ciclo di odio e di conflitti che vanno indietro anche per decine di anni. Questo è quello che è accaduto in Iraq durante gli anni più salienti della guerra civile e tutto fa pensare che possa succedere di nuovo.
Allo stesso tempo, evitare il confronto diretto con l’Isis può essere una scelta valida. Ad esempio, nel 2009 e nel 2010, i precursori dello Stato Islamico presero di mira numerosi civili con attacchi suicidi nel centro di Baghdad, nel tentativo di provocare un intervento americano. I loro sforzi di reclutamento sono stati vani grazie al fatto che le forze americane e quelle irachene non hanno voluto o non hanno potuto rispondere agli attacchi.
Chiudere le frontiere potrebbe aiutare ad evitare che membri dell’Isis possano entrare nel nostro paese, anche se non sarebbe del tutto giusto verso quelle persone che cercano di scappare dalla guerra e dalla situazione difficile nel loro paese.
