7 Gennaio 2015: un gruppo armato di terroristi attacca la sede del famoso giornale satirico Charlie Hebdo. Lo stato islamico rivendica l’attentato. 18 Marzo 2015: Il museo nazionale del Bardo, in Tunisia, è scenografia di un attentato. Decine i morti e i feriti. Lo stato islamico rivendica l’attentato. 26 Giugno 2015: Due terroristi fanno strage di uomini in una spiaggia tunisina. 39 le vittime. Lo stato islamico rivendica l’attentato. 31 Ottobre 2015: Un aereo russo in partenza da Sharm El-Sheikh, diretto a San Pietroburgo esplode improvvisamente, si schianta in una zona deserta de Sinai causando 224 vittime. Lo stato islamico rivendica l’attentato. 13 Novembre 2015: Un gruppo armato di terroristi apre il fuoco nel teatro Batclan, in diversi ristoranti nel centro di Parigi e contemporaneamente altri ragazzi si fanno esplodere davanti allo stadio francese. Muoiono più di 130 persone, tutte innocenti; altrettanti sono i feriti. Lo stato islamico rivendica l’attentato. Questi sono solo alcune delle stragi avvenute recentemente per mano dei terroristi appartenenti al sedicente Stato Islamico. A queste purtroppo, ne seguiranno molte altre di stragi. E’ evidente che l’ISIS non è più roba d’Oriente, come lo furono la guerra in Libia o la Guerra in Iraq e Iran; è evidente che la “guerra”, se così si può chiamare, riguarda anche noi, adesso è in mezzo a noi. Ciò che viviamo oggi non è nient’altro che il risultato delle azioni che noi, o meglio, che chi sta sopra di noi, ha fatto passare come “missioni di pace” per eliminare la dittatura ed esportare la democrazia, modello di governo ormai impiantato in Europa ma sconosciuto ai paesi orientali. Mi sono sempre chiesta se veramente il loro obiettivo fosse puramente finalizzato alla globalizzazione dell’uguaglianza e della liberta, o se sotto ci fossero motivi ben più precisi, economici o politici; ora ho la risposta. Siamo in guerra. Scontato dirlo, ma è così. Solo che è una guerra diversa. Non si parte per il fronte, al massimo ci si chiude in casa per la paura; non vi sono più cambi di battaglia ben precisi perché tutto il mondo è diventato un possibile sfondo di tragedie. Non ci sono più scontri faccia a faccia: ora sono mandati aerei a bombardare città, sono registrati video di propaganda per incutere terrore. NON SI COMBATTE PIU’ PER UN IDEALE MA SI GIOCA A CHI HA DI PIU’. Si muore per un pozzo di petrolio, per il predominio di uno stato si mette a rischio la vita, ma non la vita di chi è un vero concorrente di questa insensata partita, bensì quella di chi purtroppo, non può sottrarsi né alla vittoria né alla perdita di tale gioco. Forse è una domanda stupida, o forse è la domanda che tutta la gente comune, fuori da quel mondo fatto di soldi e di potere tanto difficile da comprendere quanto da giustificare, si pone: ma è davvero necessario barattare la vita, qualunque essa sia, per il potere? E’ davvero l’interesse di pochi a scavalcare i valori di cui proprio questi pochi si fanno portavoce? Molti credono che tutto stia succedendo in nome di un Dio, che forse neanche esiste; molti credono che la guerra sia religiosa: a combattere c’è da una parte il Dio dei cristiani, e dall’altra il Dio dei musulmani. Non è così. La religione ha da sempre influenzato la più profonda intimità di una persona come quella di un popolo, fino ad arrivare nella sfera politica o economica: qui è semplicemente una maschera che nasconde il vero volto della guerra. Non c’entrano niente né Gesù Cristo, né Allah. Dio non vuole la guerra, e se così fosse, non sarebbe Dio. Non si combatte in nome di nessun Dio, o perlomeno non in nome di un Dio religioso, in quello del denaro forse sì. Dovremmo abituarci a vivere con l’ombra del terrorismo o potremmo tornare a vivere tranquilli? Potremmo mai vedere un mondo senza guerre, né in Occidente né soprattutto in Oriente? Forse è un’utopia. Forse Dio ha sbagliato specie.

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