Quanto avvenuto a Parigi in data 13 novembre non può non spingere ciascuno di noi a farci domande in materia di terrorismo. L’autoproclamato Stato Islamico, che mi auguro sopravviva ancora per poco, dimostra sempre più un’ incredibile capacità organizzativa e una celere modalità nella trasmissione e circolazione di appelli, idee, piani e persino arsenali. Per comprendere maggiormente tale spregevole genesi ed evoluzione, al fine ultimo di risalire ai finanziatori ad esso esterni, è necessario, se non d’obbligo, analizzare questa organizzazione dalla sua nascita. L’Isis inizia a prendere piede nel mondo arabo in tempi non tanto recenti quanto l’opinione pubblica e la stampa stimano; esso infatti nasce nel 2004 in Iraq con l’intenzione unica di combattere l’occupazione militare statunitense del Paese e rovesciare il nuovo governo sciita sorto sulle rovine del regime militare di Saddam Hussein. L’espansione in Siria di tale organizzazione è stata favorita dal conflitto civile che infiamma il Paese dal 2001 contro il governo di Bassar al-Assad. Quest’ultimo infatti rimase presidente indiscusso fino al 2000, cioè fino a quando commise l’errore di fare estendere Internet in Siria. Egli, inaugurando quindi una politica che si auspicava portatrice di innovazione nel Paese, consegnò invece nelle mani di molti indegni uno strumento alquanto pericoloso, in quanto potenziale mezzo veloce in favore degli oppositori che da qualche tempo tramavano un colpo di Stato alle sue spalle per interloquire con i vicini ribelli in Iraq. A questo quadro si aggiunse una delicata composizione etnica del Paese, che, insieme a molti altri fattori essenzialmente di carattere religioso (si ricorda infatti che lo stesso presidente e altri dirigenti del partito di stampo laico Ba’th sono sciiti in un contesto nazionale a maggioranza sunnita) hanno scatenato la guerra civile siriana, inserita erroneamente in un contesto di “Primavera araba”, in quanto, come si è appena detto, più che una ricerca di libertà essa si configura come uno scontro etnico -religioso, anche se bisogna sottolineare che lo scontro sunniti – sciiti non è totale, in quanto molti filogovernativi sono sunniti. A questo conflitto, vista l’importanza strategica della Siria, partecipano quasi tutte le Nazioni del mondo, fortunatamente non in modo diretto. Gli Stati dell’UE e dell’UA non si sono espressi fino al 2014 (massima espansione del “Califfato”), ma è chiaro che erano contrari in un primo tempo ad Assad; Russia e Cina, d’altro canto, hanno appoggiato fin dall’inizio il Governo di Damasco, che fino a quel momento aveva saputo controllare la Nazione, oltre che per ulteriori legami riconducibili alla Guerra Fredda. Gli altri Stati, invece, tra cui l’Arabia Saudita, sono contro al-Assad e sostentano i ribelli. In questo complesso e variegato quadro internazionale si aggiunge dunque lo “Stato Islamico” che, fortunatamente per Assad e disgraziatamente per l’umanità , iniziò dal 2013 ad “alzare la voce” mietendo vittime e distruzione in molte regioni della Siria e in generale in tutta l’Africa. Tale “eco” smuove le coscienze di tutto il mondo; da un lato Assad può “respirare” in quanto, ormai palesemente, il “carnefice e mostro” non è più principalmente lui, dall’altro, bisogna sottolineare che se non ci fosse stato questo ritardo di dieci anni circa della comunità internazionale ad intervenire forse non saremmo arrivati oggi a questo livello. Da chi è finanziato l’Isis ? In primo luogo si autofinanzia, in quanto gestisce un’ampia rete di contrabbando di petrolio che fa comodo ai portafogli di molti colossi europei (ciò costituisce circa il 70 % delle entrate), in secondo luogo è finanziato e sostenuto da apparati organizzati (un termine più indiretto per designare “Nazioni”) che, a mio avviso, hanno solo da guadagnare a seguito di un indebolimento dell’Europa dovuto alla psicosi a cui stiamo assistendo in questi giorni e ad una possibile guerra vera e propria contro l’Isis. Questa è un’ipotesi, una delle tante possibili, che non solo politici e giornalisti, ma anche e soprattutto la gente comune sta elaborando maxime da settimana scorsa , da quando cioè si è scoperta un’Europa fragile e vulnerabile nella quotidianità dei suoi cittadini. L’ipotesi sopra presentata non identifica nello specifico quali siano questi “apparati organizzati” per ragioni di onestà intellettuale: avrei delle idee, ma comunque non sarebbero esponibili, né lo saranno mai, prove certe a dimostrazione di qualunque affermazione. Spero solo che la democrazia non ceda alla paura e che le vittime del 13 novembre possano trovare conforto in un mondo migliore.

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