Sin dall’antichità la vittoria era considerata il traguardo fondamentale per ogni uomo. In particolare per gli atleti greci, vincere era di rilevante importanza perché si accresceva il proprio prestigio personale e familiare, che veniva riconosciuto dalla comunità che lo onorava attraverso riconoscimenti pubblici e ricompense.
Al giorno d’oggi il concetto di vittoria non è mutato e si estende in ogni ambito delle nostre vite, sin dalla nostra infanzia. Infatti già da bambini, veniamo bombardati per mezzo della televisione, da personaggi presentati sempre vincenti. Di conseguenza ambiamo sin da piccoli ad ottenere la vittoria in ogni circostanza, trascinandoci fino all’età adulta questo morboso obiettivo di ottenere un premio e mostrare agli altri le proprie virtù.
Quando accadono delle sconfitte, anche in ambito personale, il mondo ci cade addosso e ci si sente dei perdenti. In realtà, a volte, è importante perdere perché ci insegna a maturare la consapevolezza dei nostri limiti, cosicché poi possiamo affrontare le nostre “gare” con le armi giuste. “L’accettazione del limite fisico si impone come sfida affascinante e indispensabile: essa non solo apre la possibilità di una condivisione con la natura e con gli altri della propria finitezza, ma dischiude la comprensione di una dimensione trascendente che abita in ciascuno.”, dichiara Paolo Crepaz, presidente di Sportmeet.
Dunque, è banale ridurre la sconfitta a una semplice rassegnazione di fronte a un risultato avverso. “La sconfitta va vissuta come una pedana di lancio; bisogna sforzarsi di trasformarla in accumulo di energie psichiche e fisiche” afferma Enzo Bearzot, condottiero della nazionale azzurra.
In conclusione, come appura Don Mazzi, la reale vittoria avviene” solo nel momento dopo che abbiamo avuto il coraggio di capire i risvolti virtuosi e misteriosi del dolore, della fatica, dei doveri.”

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