Pier De Coubertain diceva: “Vincere non è importante, l’importante è partecipare” ma questa frase la trovo assurda e non l’approvo perché se io partecipo ad una gara e sono consapevole delle mie capacità, della mia preparazione, del mio sacrificio è chiaro che desidero la vittoria. Altrimenti, a che serve partecipare? Sì partecipa per vincere sfruttando al meglio le proprie potenzialità. Gareggiare è già uno stimolo di per se.
Se una persona è consapevole di essere “inferiore” agli altri, perché compete? Perché tentare una sfida? Ed è proprio, allora, la voglia di vincere che ci spinge ad andare avanti e a dare il massimo. E anche quando penso di essere andato il più lontano possibile scopro che posso spingermi ancora oltre. Ma non per presunzione, ma perché penso che l’uomo ha delle risorse così illimitate da fare impressione a lui stesso. E la vittoria è frutto solo di impegno, preparazione, sacrificio, esercitazioni, duro lavoro, assiduità. Senza questi elementi non c’è vittoria. Poco è lasciato al caso o alla fortuna. L’essenziale, però, è essere onesti e non ricorrere a trucchetti ed espedienti vari. Che serve per esempio doparsi per arrivare primi? È una vittoria falsata. Il bello di arrivare primi risiede non tanto nella gloria, ma nella fase antecedente alla gloria stessa: in quel percorso ad ostacoli intriso di difficoltà, di impegno, di determinazione, di sudore versato. Allora, la gloria è giusta e meritata ricompensa. E quando si perde con sincerità, si accetta anche la sconfitta con umiltà e dignità, perché la sconfitta diventa un propellente per una prossima vittoria. La sconfitta aiuta a crescere, ma la vittoria è sublime, ti gratifica facendoti vivere una sensazione meravigliosa. Allora l’importante è vincere, non partecipare. Sicuramente, non a tutti i costi, se per “costi” si intende disonestà, immoralità, mancanza di rispetto, corruzione, ecc. E Dio solo sa quanti imbroglioni e disonesti ci sono in giro.

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