Molti affermano che la società di oggi ci costringe a dare il massimo e ci spinge anche oltre, ci insegna che apparire è più importante che essere, che la prima impressione è ciò che conta davvero; riflettendoci, in effetti, viviamo immersi nelle sofferenze e nelle preoccupazioni: dobbiamo lavorare assiduamente per se stessi e per il nostro futuro, ci preoccupiamo delle impressioni che suscitiamo agli altri e dei pareri di coloro che ci circondano, temiamo di essere allontanati da coloro che amiamo, abbiamo paura che qualche malessere si impadronisca di noi e affrontiamo una precaria situazione economica, politica, sociale. Non sono certo tempi facili. Ma chi può giudicarci e dire se vinciamo, se perdiamo? Le nostre vittorie non sono quelle declamate dai Greci contro i possenti Persiani, celebrate dai Romani contro i Sabini: sono differenti, ma probabilmente non meno difficoltose. Agli occhi di tutti ciascuno di noi può risultare un perdente ma nel suo intimo ritenersi un eroe, proprio come è possibile che accada il contrario… molte volte noi stessi siamo i nostri più grandi nemici, e per vincere abbiamo bisogno dell’aiuto e del conforto dei nostri cari: quante volte ci sentiamo delusi da noi stessi, ma pian piano riusciamo ad aprire gli occhi e osservare la realtà da una diversa prospettiva? La vittoria, al giorno d’oggi, è relativa e soggettiva e può essere multiforme. Contro i nemici moderni, noi stessi, i media, la società, non si può sempre vincere (bisogna essere realisti), ma non per questo non si deve essere insoddisfatti di noi stessi o perdere la speranza. Cosa c’è, allora, di differente rispetto al passato? Non molto, a mio parere: la vita umana è sempre stata una grande lotta, ma per fortuna l’uomo riesce a tenerle testa!
