La sete di successo è sempre stata una caratteristica dell’uomo: basta fermarsi un attimo e pensare a tutti gli uomini che, nel corso della storia, si sono distinti per il loro, incontrollabile o meno, desiderio di raggiungere i vertici, il punto più alto della scala sociale mondiale.
Volere il meglio non è sbagliato, non è un errore madornale che, prima o poi, commettiamo tutti nella nostra vita; volere il meglio per noi stessi va benissimo. Ma il sogno del meglio non deve darci alla testa e, soprattutto, non deve scoraggiarci, se non si realizza subito.
Il massimo non si raggiunge in un batter d’occhio, il massimo è fatica, impegno.
Per me, vincere è perdere novantanove volte e riprovarci cento.
Le sconfitte non vanno scordate, perché sono loro che ci regalano importantissime lezioni di vita, sono loro a lasciarci qualcosa di concreto, qualcosa che va oltre il bene materiale; sono la ciliegina sulla già splendida torta che è la vita.
Sono le sconfitte che portano alla vittoria e che la rendono ancora più speciale.

La vittoria che avviene al primo colpo gratifica, è ovvio, ma non lascia cicatrici sul corpo, non si firma, non si lascia quasi riconoscere. Mentre quella che avviene dopo un lungo percorso di insuccesso si fa vedere, urla di essere finalmente arrivata e fa sentire alla grande.
E’ un po’ contraddittorio, ne sono consapevole, ma è la mia idea: vincere è perdere.

0 Commenti

Lascia un commento

CONTATTACI

Hai una domanda? inviaci una e-mail e ti risponderemo al più presto.

    Il Quotidiano in Classe è un'idea di Osservatorio Permanente Giovani-Editori © 2012-2023 osservatorionline.it

    Effettua il login

    o    

    Hai dimenticato i tuoi dati?

    Crea Account